Privacy privacy.
Gli inviti ad abbandonare Google e compagnia vedo che si focalizzano spesso sulla famigerata privacy. Sulla riservatezza dei dati. I miei dati. Cosa fanno coi miei dati. Mi spiano. Mi profilano. Sanno tutto di me. Come se fossi una persona importante degna di nota e di attenzioni. Quando in realtà non sei nessuno e non ti caga nessuno e dei tuoi dati e delle tue attività non frega una minchia a nessuno. A chi vuoi che interessino i tuoi dati? Tranne la carta di credito, ovviamente.
È vero, fa un po' impressione, quando mi sono messo a cancellare tutta la roba su Goooooogle, ho visto anche la mappa dove erano segnati un sacco di posti in cui ero stato (e anche dove non ero stato in realtà).
E però sono a tratti convinto che la privacy non può esistere, a meno che tu non faccia il pastore sulle montagne. C'è sempre bisogno di fidarsi di qualcuno.
A volte penso che il fumoso concetto di privacy sia un'invenzione dei ricchi per poter fare i loro affari (spesso sporchi).
A parte il fatto che la riservatezza delle comunicazioni è garantita, per lo meno in Italia, per lo meno sulla carta, dalla Costituzione. Anche se la Costituzione venne scritta quando a malapena esistevano i telefoni.
E non dico che la riservatezza non vada tutelata, sia chiaro. È bene prendere precauzioni e mitigare i problemi. Tant'è che penso all'anonimato in rete come a un diritto. E certo, pensare che qualcuno possa farsi gli affari tuoi non è bello.
Ma dal momento in cui comunichi qualcosa, esiste sempre il tizio che può vedere i fatti tuoi. Dal tecnico dei telefoni che si attacca al filo nella colonnina della SIP nello svolgimento del proprio lavoro, al postino che può conoscere quante multe deve consegnare. O il tecnico dell'operatore telefonico, che nello svolgimento del proprio lavoro, può sapere dove ti trovi adesso. La privacy in certi ambiti non esiste.
E finché si rimane al postino è un discorso, certo, dove invece ci sono i dati il tutto si amplifica.
E tanto per dire, la privacy non esiste nemmeno su Mastodon: <<vengo via da Tritter e vado su Mastodon perché tengo alla mia privacy>> è una cagata. L'amministratore può vedere tutto. Il provider presso cui è collocato il server su cui gira l'istanza di Mastodon, può vedere anche lui.
Ma l'amministratore dell'istanza Mastodon probabilmente ci tiene alla reputazione e si comporterà bene. Così come il tecnico della SIP di cui sopra, si comporterà altrettanto professionalmente altrimenti verrà licenziato.
A Goooooogle probabilmente interessa ben poco delle mie attività in quanto singolo; all'orecchio peloso di Alexa che sta in India, interesseranno ben poco i discorsi fatti da Tal dei Tali in un appartamento di Milano.
Per me il problema non è il concetto astratto della mia privacy personale. Perché se permettete mi da più fastidio se il postino che vedo tutti i giorni sa che ho preso una multa o che ho comprato un dildo per corrispondenza. Che lo sappia il fantomatico Mr. Amazon o l'etereo gestore della carta di credito, mi impensierisce di meno, se permettete.
Il problema è la mole di dati che certe entità hanno a disposizione. Mole di dati che permette di muovere i mercati. Di condizionare la società probabilmente. Non mi avventuro in questioni di fantapolitica che non conosco e non ho le capacità di valutare (ho ancora da capire bene qual è lo scandalo Cambridge Analitica o le ingerenze russe nelle elezioni americane mediante Tritter).
Sta di fatto che come singolo mi interessa fino a un certo punto (ok, l'idea non mi piace, sia chiaro) che Google spazzoli le mie mail per offrirmi un'esperienza personalizzata. Magari è anche utile che le ricerche sul suo motore vengano aggiustate in base ai miei interessi.
Il problema è politico.
Si legge spesso dei cinesi, che non rispettano la privacy e stanno costruendo una società del controllo. Certo è che la Cina non va in giro a proclamarsi paladina della libertà. Guardiamo piuttosto al nostro mondo occidentale democratico rispettoso delle libertà individuali, al mondo libero.
Tutta questa mole di dati è in mano guarda caso agli americani (nel senso di Stati Uniti, of course).
E questa mole di dati è sbilanciata nelle mani di poche megacorporazioni. È questo il problema. E non perché si prospettino mondi distopici. È tutto più semplice: così non va bene.
Lo sbilanciamento, nelle mani di pochi, nelle mani di multinazionali statunitensi. Ecco secondo me il punto per cui è giunta l'ora di bilanciare un pochino la situazione.
Poi ognuno abbia le proprie motivazioni: privacy, simpatie, ideali, funzionalità tecniche, interessi, curiosità, whatever. L'importante è che si sia capito che qualcosa non funziona, che così non va bene, che così non può continuare. L'importante non è essere uniti sulle motivazioni, ma sull'obiettivo: #degoogle
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