Il padre porta dentro o no nella prova?

Analisi esegetico-filologica dei versetti finali del Padre Nostro eseguita da Frater SRH

Da ormai qualche anno ci s’imbatte nella tesi che il finale dell’unica preghiera insegnata da Gesù e riportata nei vangeli di Luca e Matteo, sia tradotta in modo errato o, per alcuni filologhi più attenti, l’intento del nazareno fosse dire altro.

Il punto, in tutto questo dibattito, riguarda la solita decontestualizzazione delle parole, o del pensiero, del betlemita dalla sua cultura israelita o, addirittura, dalla sua possibile (per alcuni certa) figliolanza con il presunto dio propinato nel vecchio testamento. Chi ha letto gli ultimi quattro articoli presenti su questo blog, aventi per oggetto l’analisi delle beatitudini, si sarà sicuramente reso conto di come gli agiografi Luca e Matteo (i soliti noti) siano ben consapevoli del sostrato veterotestamentario, arrivando a utilizzarlo sotto forma di rimando alla LXX (il vecchio testamento tradotto in greco dall’ebraico, da circa settanta sapienti ebrei, nel 300 a. C.), in parecchi punti del passo del discorso della pianura (per Luca), o della montagna (per Matteo).

Tale conoscenza del testo della LXX, da parte degli evangelisti, non può essere escluso da ogni inferenza sul presunto pensiero sottostante le parole del “figlio del falegname”. Evitare di tenere conto di questa connessione, è deformare il messaggio che gli stessi autori del nuovo testamento hanno voluto inserire nei loro testi, con precisi riferimenti ai libri veterotestamentari. In altre parole è voler nascondere il messaggio della cultura di Gesù, per farne passare un’altra. Per avere un riscontro immediato, basta prendere questo passo dell’esodo (le parole evidenziate assumeranno significato più avanti):


Esodo 20:20 versetto in italiano tratto dalla TILC (Traduzione in Lingua Corrente):

Mosè rispose al popolo: - Non abbiate paura: Dio è venuto per mettervi alla prova, e perché riconosciate la sua autorità: così non commetterete peccati.


Esodo 20:20 versetto in ebraico tratto dalla BHS (Biblia Hebraica Stuttgertensia):

וַיֹּ֨אמֶר מֹשֶׁ֣ה אֶל־הָעָם֮ אַל־תִּירָאוּ֒ כִּ֗י לְבַֽעֲבוּר֙ נַסּ֣וֹת אֶתְכֶ֔ם בָּ֖א הָאֱלֹהִ֑ים וּבַעֲב֗וּר תִּהְיֶ֧ה יִרְאָת֛וֹ עַל־פְּנֵיכֶ֖ם לְבִלְתִּ֥י תֶחֱטָֽאוּ׃


Esodo 20:20 versetto in greco tratto dalla LXX (versione greca del vecchio testamento):

καὶ λέγει αὐτοῖς Μωσῆς Θαρσεῖτε· ἕνεκεν γὰρ τοῦ πειράσαι ὑμᾶς παρεγενήθη ὁ θεὸς πρὸς ὑμᾶς, ὅπως ἂν γένηται ὁ φόβος αὐτοῦ ἐν ὑμῖν, ἵνα μὴ ἁμαρτάνητε.


Esodo 20:20 traduzione interlineare tratta dall’edizione San Paolo:

E disse Mōšeh al popolo: Non temiate, poiché al fine di provare voi è entrato il Ēlōhîm, e affinché sia timore di lui su facce di voi sicché non perdiate la via (reso dalla San Paolo con pecchiate).


Diciamo subito che si è reso il lemma ebraico תֶחֱטָֽאוּ (techeta’u) con la seguente traduzione del nostro buon BDB:


Tratto dal vocabolario biblico BDB:

2398 ☨ 238 vb. miss (a goal or way), go wrong, sin (NH id.; Aram. חֲטָא ܚܛܳܐ As. ḫaṭû, ZimBP 46; Sab. חֿטא, ‏החֿטא‎ id., DHM in MV; Ar. خَطِئَ do wrong, commit a mistake or an error; II. make to miss the mark;


La prima traduzione è: miss a goal or way, cioè perdere l’obiettivo, o la via, e solo per estensione peccare. Se si contestualizza tale lemma in una situazione come quella sopra, descritta dal versetto 20:20, in cui è dichiarato che l’Elhoim che parla vuole vedere il timore sul volto del popolo, è poco plausibile un discorso di peccato catto-romano, ma è molto più verosimile l’idea che “sto tipo” non voglia il tradimento del popolo. Per averne conferma basta leggere queste parole dette da YHWH, Elohim d’Israele:


Esodo 20:4-5 versetti in italiano tratti dalla TILC:

’Non fabbricarti nessun idolo e non farti nessuna immagine di quello che è in cielo, sulla terra o nelle acque sotto la terra. Non devi adorare né rendere culto a cose di questo genere. Perché io, il Signore, sono il tuo Dio e non sopporto di avere rivali, punisco la colpa di chi mi offende anche sui figli, fino alla terza e alla quarta generazione;


Ecco il motivo, questo Elohim (nel vecchio testamento tradotto sempre con la parola dio) di nome YHWH (Yahweh o signore nella traduzione italiana del vecchio testamento) è un tipo che non sopporta avere rivali. La CEI 2008 traduce geloso! Quindi siamo di fronte a un personaggio egocentrico, narcisista e pure vendicativo!

Pertanto eccoci subito all’annoso dilemma: Gesù è figlio o no di questo YHWH (Yahweh o signore in italiano) Elohim per cui Mosè, nel versetto 20:20, sta facendo da portavoce? Tutta l’attuale diatriba sul vero significato dei versetti del padre nostro, risiede qui.

Il punto è semplice, qui siamo nel famoso capitolo in cui il signore, da ora utilizzeremo il vero lemma ebraico YHWH, dona i suoi dieci(?) comandamenti al popolo uscito dall’Egitto. Noi tutti, chi con uno spirito, chi con l’altro, li ha letti, studiati a memoria o quantomeno sentiti. Questi dieci comandamenti (tratteremo in altro articolo quanti YHWH ne ha dati in realtà) sono il sostrato su cui poggia tutta la dottrina catto-romana.

Quindi la risposta alla domanda se YHWH è il padre del rabbino nazareno è si, visto che la predicazione del betlemita è propinata come il compimento autentico della legge del padre, che sono i dieci comandamenti. Quindi siamo di fronte a un rabbino nato a Betlemme che parla per nome e conto di suo padre YHWH, il quale ha pronunciato quanto avete letto sia nei versetti 20:4-5, che nel 20:20.

A questo punto è chiarissimo, dalla bellissima traduzione interlineare delle edizioni San Paolo, che lo scopo di questo personaggio del vecchio testamento sia di mettere alla prova il suo popolo, per testarne la reale fedeltà e ottenere così che questo eviti di prendere altre strade. Qui, quindi, ci si trova difronte a un vero e proprio test di lealtà di un popolo, che non è sicuramente fedele, dato che pochi capitoli dopo ai fatti sopra narrati, compie questo:


Esodo 32:1-5 versetti in italiano tratti dalla TILC:

Gli Israeliti videro che Mosè tardava a scendere dalla montagna; allora si riunirono intorno ad Aronne e gli dissero: - Su, costruisci per noi un dio che ci guidi. Ormai non sappiamo che fine abbia fatto quel Mosè che ci ha portati fuori dell’Egitto. Aronne disse loro: - Raccogliete gli anelli d’oro che le vostre mogli, i vostri figli e le vostre figlie portano agli orecchi e dateli a me. Tutta la gente si tolse gli anelli e li portò da Aronne. Egli li prese, li fece fondere e fabbricò la statua di un vitello. Allora dissero: ‘O Israeliti, ecco il vostro Dio, che ci ha fatto uscire dall’Egitto!’.


Insomma, è bastato che Mosè tardasse a scendere dall’incontro con YHWH, che il popolo fatto uscire dall’Egitto, proprio da YHWH, sta già cercando grazia presso un altro Elohim. Risulta così confermata la preoccupazione e la conoscenza del popolo da parte di YHWH. Cosa farà questo “tipo”? Andrà su tutte le furie e solo l’intervento di Mosè salverà il popolo da sterminio certo:


Esodo 32:7-14 versetti in italiano tratti dalla TILC:

Allora il Signore disse a Mosè: ’Scendi in fretta perché il tuo popolo, che tu hai liberato dall’Egitto, ha commesso una grave colpa: hanno fatto presto ad allontanarsi dalla via che avevo ordinato. Si sono costruiti la statua di un vitello, poi si sono inginocchiati davanti a essa, le hanno offerto sacrifici e hanno detto: ‘O Israeliti, ecco il nostro Dio, che ci ha fatto uscire dall’Egitto!’’. Il Signore aggiunse: ‘Conosco bene questa gente: hanno la testa dura! Lasciami fare: nella mia collera li voglio distruggere. Poi farò nascere da te un grande popolo’. Allora Mosè, per attenuare lo sdegno del Signore, suo Dio, disse: ’Perché, Signore, adesso vuoi castigare il tuo popolo, dopo che hai usato la tua grande forza e la tua potenza per liberarlo dall’Egitto? Se fai così, gli Egiziani diranno: ‘Il Signore li ha fatti uscire dal nostro territorio per cattiveria, egli voleva abbandonarli al massacro tra le montagne e farli sparire dalla faccia della terra’. Metti fine alla tua collera e non far del male al tuo popolo. Ricordati dei tuoi servi Abramo, Isacco e Giacobbe ai quali hai promesso con giuramento: Renderò i vostri discendenti numerosi come le stelle del cielo; darò loro questa terra come ho promesso e la possederanno per sempre’. Il Signore rinunziò a castigare il suo popolo.


Leggete attentamente!

Intanto c’è un passaggio assai particolare, quello in cui YHWH dichiara che il popolo è di Mosè, non suo, e che sia stato il profeta a farlo uscire dall’Egitto! Questa è sicuramente una bella questione, ma non è oggetto d’indagine oggi.

Poi c’è il modo in cui lo stesso profeta placa l’ira del suo presunto dio, con uno stratagemma linguistico basato sull’orgoglio! Vi pare che un essere trascendente, onnisciente, onnipresente abbia problemi di orgoglio?

Sta di fatto che Mosè, grazie alla dialettica, ottiene di evitare lo sterminio totale degli israeliti nell’accampamento alle pendici del monte. Eccovi decritto il rapporto tra il personaggio principe del vecchio testamento, YHWH, e il popolo che si era legato a lui. Il passo appena visto dell’Esodo mostra come YHWH conoscesse bene la psicologia del popolo con cui aveva fatto il patto, ecco perché li metterà sempre alla prova, facendoli fallire spesso.

Qui, oltre ogni ragionevole dubbio, si spiega anche perfettamente il concetto di “perdere la via”, visto sopra nella traduzione del termine ebraico תֶחֱטָֽאוּ (techeta’u): nulla di morale, come di norma è fatto passare nel concetto di peccato, ma una pura e concreta volontà di lealtà pretesa da YHWH da parte del popolo sottoscrittore il contratto.

Questo è dunque il punto di vista indispensabile per analizzare il figlio di questo soggetto narcisista, ma retto nel mantenere la parola data, e la preghiera che ha insegnato alla folla presente al discorso della montagna. In questo momento ci si potrebbe domandare se il figlio possa contraddire il padre, soprattutto in considerazione che lui, il rabbino nazareno, non è venuto ad abbattere la legge, ma a compierla in modo perfetto (si rimanda agli articoli che analizzano le beatitudini in questo blog).

Ovviamente la risposta a questo lecito quesito è no, lo conferma lo stesso evangelista Matteo, da cui è tratto il padre nostro utilizzato dai cristiani per pregare e che ora analizzeremo.

Comunque, così come fatto per le beatitudini, si andrà a sviscerare entrambe le versioni dell’unica preghiera che Gesù sembra insegnare. Incominciamo da quella presente nel vangelo di Luca:


Luca 11:2-4 versetti in italiano tratti dalla TILC:

Allora Gesù disse: ‘Quando pregate, dite così: Padre, fa’ che tutti ti riconoscano come Dio, fa’ che il tuo regno venga. Dacci ogni giorno il pane necessario, 4 perdonaci i nostri peccati perché anche noi perdoniamo a chi ci ha offeso, e fa’ che non cadiamo nella tentazione’.


Luca 11:2-4 versetti in greco tratti dalla Nestle-Aland 28° edizione:

εἶπεν δὲ αὐτοῖς· ὅταν προσεύχησθε λέγετε· Πάτερ, ἁγιασθήτω τὸ ὄνομά σου· ἐλθέτω ἡ βασιλεία σου· τὸν ἄρτον ἡμῶν τὸν ἐπιούσιον δίδου ἡμῖν τὸ καθ’ ἡμέραν· 4 καὶ ἄφες ἡμῖν τὰς ἁμαρτίας ἡμῶν, καὶ γὰρ αὐτοὶ ἀφίομεν παντὶ ὀφείλοντι ἡμῖν· καὶ μὴ εἰσενέγκῃς ἡμᾶς εἰς πειρασμόν.


Ora, senza voler entrare nella correttezza della traduzione, la cosa che ci preme verificare è il significato che l’epigrafo vuole trasmettere con questi versetti. Il punto focale è questo:

καὶ μὴ εἰσενέγκῃς ἡμᾶς εἰς πειρασμόν

e non portare noi dentro la prova


Il lemma πειρασμόν (peirasmon) significa, lasciamolo dire al nostro solito vocabolario di greco biblico:


Thayer’s Greek Lexicon:

STRONGS NT 3986: πειρασμός, πειρασμοῦ, ὁ (πειράζω, which see), the Sept. for מַסָּה, an experiment, attempt, trial, proving; (Vulg.tentatio);


Significa un esperimento, prova, ecc, e traduce – guarda un po’ – il lemma נָסָה (nasah) incontrato sopra nel versetto 20:20 dell’Esodo, attraverso la declinazione נַסּ֣וֹת (nas-sō-wṯ), reso con il termine prova!

La cosa singolare è che anche il termine greco πειρασμόν (peirasmon), usato qui da Luca, è riconducibile al lemma che s’incontra nella LXX πειράσαι (peirasai) - esposto nella versione greca della LXX del versetto 20:20-, infatti il primo deriva dal secondo.

Quindi è chiaro che l’evangelista dei “gentili” (vedere sempre articoli riguardanti le beatitudini per questi dettagli), pur scrivendo per gente non del popolo di Israele, è attento ad attenersi al medesimo significato di prova presente nell’Esodo e che abbiamo analizzato. Si è così anche chiarito il perché della decisione di sottolineare alcuni specifici lemmi, in modo da aiutare il lettore a fare i raffronti con i versetti scritti in lingue differenti.

Ora risulta palese che ciò che sta trasmettendo Gesù ai suoi discepoli è di chiedere di non essere introdotti nella prova, quella prova che in Esodo 20:20 Mosè aveva detto essere necessaria affinché il popolo rimasse nella via. Come mai il presunto figlio di YHWH debba fare questa affermazione? Semplice, perché essendo anche lui intriso di cultura israelita, conosce bene il problema di quel popolo duro di testa, quindi è perfettamente consapevole che non avrebbero mai retto ai “test” che il presunto padre avrebbe potuto introdurre a conferma della fedeltà.

Certamente, dopo aver letto il passo di Luca, si potrebbe obiettare che non essendo neanche tutta la preghiera esposta, l’evangelista abbia frettolosamente assemblato il passo partendo da Matteo, rendendolo più conforme alla LXX. Per fugare anche questo punto, ora si provvederà a trattare i versetti di Matteo:


Matteo 6:9-13 versetti in italiano tratti dalla TILC:

Dunque, pregate così: Padre nostro che sei in cielo, fa’ che tutti riconoscano te come sei, che il tuo regno venga, che la tua volontà si compia anche in terra come in cielo. Dacci oggi il nostro pane necessario. Perdona le nostre offese come anche noi perdoniamo a chi ci ha offeso. Fa’ che non cadiamo nella tentazione, ma liberaci dal Male.


Matteo 6:9-13 versetti in greco tratti dalla Nestle-Aland 28° edizione:

Οὕτως οὖν προσεύχεσθε ὑμεῖς· Πάτερ ἡμῶν ὁ ἐν ⸂τοῖς οὐρανοῖς⸃· ἁγιασθήτω τὸ ὄνομά σου· ἐλθέτω ἡ βασιλεία σου· γενηθήτω τὸ θέλημά σου, °ὡς ἐν οὐρανῷ καὶ ἐπὶ ⸆ γῆς· τὸν ἄρτον ἡμῶν τὸν ⸀ἐπιούσιον δὸς ἡμῖν σήμερον· καὶ ἄφες ἡμῖν ⸂τὰ ὀφειλήματα⸃ ἡμῶν, ὡς καὶ ἡμεῖς ⸀ἀφήκαμεν τοῖς ὀφειλέταις ἡμῶν· καὶ μὴ εἰσενέγκῃς ἡμᾶς εἰς πειρασμόν, ἀλλὰ ῥῦσαι ἡμᾶς ἀπὸ τοῦ πονηροῦ. ⸆


Come sempre si è voluto riportare anche lo scritto in greco e questa volta con la simbologia dell’apparato critico. Questo per rendere l’idea che anche per l’unica preghiera insegnata dal “figlio del falegname” ci sono più versioni disponibili. Senza entrare nello specifico, sappiate che ad ogni segno incontrato nel testo in greco, corrisponde una variante (o più varianti).

Nel proseguo dell’analisi questo aspetto conta poco, ma è giusto che si sappia che nelle migliaia di pergamene, papiri, manoscritti che si hanno, riguardanti il nuovo testamento, è possibile ricostruire più versioni del padre nostro. Fatto questo appunto filologico, torniamo ai cinque versetti sopra esposti. Chi ha l’occhio lungo si sarà già accorto che praticamente una parte del testo greco è identico a quello di Luca, e in particolare questa frazione di scritto:

καὶ μὴ εἰσενέγκῃς ἡμᾶς εἰς πειρασμόν

e non portare noi dentro la prova


È assolutamente inutile fare lo stesso ragionamento portato avanti per Luca, in quanto è orma più che lampante che il significato, anche in Matteo, è proprio quello di chiedere di non essere portati dentro la prova. Ora sappiamo anche i motivi sottostanti. Ciò inoltre conferma anche il fatto che il rabbino di Nazareth non è venuto a contraddire il padre, ma eventualmente a chiedere di chiudere un occhio. Ancora una volta gli epigrafi confermano il sostrato israelita del nostro personaggio neo testamentario, avvallando ulteriormente la tesi che leggere la vita di questo maestro, senza la connessione alla storia del suo popolo, è assai forviante.

Viene ovviamente naturale porsi la domanda: perché modificare il versetto con “non abbandonarci alla tentazione”? La spiegazione la da il vescovo di Roma Francesco:

“Occorre una nuova traduzione. Più aderente alla lettera e allo spirito dell’insegnamento di Gesù”;


e la domanda è: quel è il vero insegnamento del nazareno? Perché è questo che la maggior parte dei fedeli ignora, convinti, sotto la propaganda post concilio vaticano II, che il betlemita abbia mostrato il volto misericordioso del padre.

L’altro grande interrogativo è: chi è questo padre? Abbiamo qui visto che YHWH, colui da cui si cerca far discendere Gesù (anche se in modo mascherato attraverso la traduzione del termine ebraico che indica YHWH con signore, al posto di Yahweh), è sicuramente retto, ma molto vendicativo. Retto perché effettivamente lui non è mai venuto meno al suo patto, accettando il ritorno contrito del popolo di Israele, ogni qualvolta questo si sia ravveduto, tornando da lui.

Da questo punto di vista trova perfettamente significato la parola del figliol prodigo. Resta il fatto che nel suo patto c’è la prova della fedeltà. Pertanto, se la risposta a chi è il padre del rabbino di Nazareth è YHWH, la prova è ciò che questo ha messo nel patto, perciò diventa necessario esortarlo a evitarla. Se il padre è un altro soggetto, cosa che cozzerebbe con tutta la teologia messa in piedi in questi due mila anni, vorrebbe dire che i catto-romani hanno preso per i fondelli milioni di persone nel periodo dal 400 d. C., fino alla fine degli anni 50 del 1900 (anno del concilio Vaticano II). 1500 anni di menzogne, non sono pochi!

Anche qui evitate di chiedere alla curia romana, perché ammettere è sempre un grosso problema, per cui meglio usare la retorica mosaica, così da distogliere la focalizzazione dai significati puri dei passi, e accedere alle categorie ellenistiche del trascendente e dell’allegoria, in modo da rendere fumoso il tutto.

YHWH è chiaro e il vecchio testamento è lì a testimoniare il suo operato atroce, ma sempre coerente con quanto detto. Inoltre, anche il nuovo testamento è lì a testimoniare che la missione di Gesù non è la distruzione della legge, ma il compimento pieno della stessa. Con questi due punti è veramente mistificatorio voler portare avanti la tesi della diversa valenza del finale del padre nostro, ma è funzionale a rendere gli animi dei fedeli ancora più attratti da questa figura venduta come “agnello mite”, anche se così mite non è (come si è visto negli altri articoli presenti su questo blog). Pensate un attimo: quanti di voi andrebbero ancora in chiesa se sapessero che per far parte del gruppo è necessario avere sul volto il timore?

Sta di fatto che, per il nostro discorso, è ulteriormente chiaro la volontà degli evangelisti di mostrare l’aspetto israelita di questo personaggio, confermando nuovamente che leggere la storia del “figlio del falegname” senza accedere alla sua cultura, significa perdere il grosso della portata reale delle sue parole.